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All’interno di questa rubrica, “Play & Grow”, parliamo e analizziamo i giochi con uno sguardo particolare: li osserviamo e li studiamo in quanto strumenti per il cambiamento, per la crescita, per il progresso. Ma si può guardare ai giochi anche utilizzando altre lenti e, nonostante questo, utilizzarli comunque per il team building o la crescita professionale. 

In questo articolo vi parlo delle sette retoriche del gioco formulate da Brian Sutton-Smith e di come queste possano darci sette motivazioni differenti per portare i giochi sul luogo di lavoro.

Giocare in maniera consapevole

Questo articolo, come tutti gli articoli della rubrica Play and Grow, si rivolge a due tipologie di persone: quelle che vogliono comprendere come i giochi possono aiutarli nella loro crescita personale e/o professionale, e quelle che vogliono comprendere come i giochi possono aiutarle nella gestione di un gruppo di lavoro, utilizzandoli come strumenti di team-building.

Per utilizzare i giochi in questo modo dobbiamo però imparare a giocare in maniera consapevole. Giocare in maniera consapevole significa non solo saper scegliere il gioco più adatto a un determinato momento ma anche essere consapevoli dell’approccio che dobbiamo mantenere durante il gioco o dell’ambiente che dobbiamo creare intorno ai partecipanti.

Come essere dei giocatori consapevoli

Prima di scegliere un gioco, è necessario che vi poniate alcune domande:

  • Di cosa ho bisogno o di cosa hanno bisogno i membri del mio team?
  • Cosa mi aspetto che mi / ci regali l’esperienza di gioco che sto per vivere?
  • Come mi aspetto di sentirmi o che si sentano gli altri giocatori al termine di questa esperienza?

In base alle risposte che daremo a queste domande, per nulla scontate e banali, potremo scegliere non solo i giochi più adatti alla situazione che stiamo vivendo ma soprattutto l’approccio con il quale giocare.

Uno stesso gioco può infatti racchiudere in sé tante funzioni: può essere un momento di svago, può essere uno strumento di sviluppo di competenze, può essere un rituale, può essere una sfida altamente competitiva. Le risposte a queste domande ci servono per comprendere quali funzioni vogliamo esaltare.

Ma quali sono le diverse funzioni che può assumere un gioco?

Un elenco completo delle funzioni dei giochi non esiste ma possiamo usare come punto di riferimento iniziale la teoria delle sette retoriche del gioco di Brian Sutton-Smith che è possibile trovare nel testo “The ambiguity of play”, pubblicato nel 1997.

Le sette retoriche del gioco di Brian Sutton-Smith

Innanzitutto devo fare una precisazione. Quando parla di retoriche del gioco, Sutton-Smith non ha come oggetto del suo studio il gioco in sé o le sue funzioni, bensì le teorie che sono state formulate nel tempo per analizzare il fenomeno del gioco.
In pratica il teorico si chiede: da quali punti di vista vengono studiati i giochi? Come cambiano i punti di vista quando gli studiosi sono psicologi o antropologi o ancora degli storici? Questi “punti di vista” vengono da lui chiamati “retoriche del gioco”.

Quindi, sebbene tecnicamente Sutton-Smith non voglia parlare delle diverse funzioni di un gioco, la teoria delle sette retoriche del gioco ci offre un elenco abbastanza esaustivo dal quale partire per la nostra analisi.

Le sette retoriche individuate da Sutton-Smith sono:

  1. Il gioco come progresso
  2. Il gioco come immaginario
  3. Il gioco come identità
  4. Il gioco come espressione del Sé
  5. Il gioco come potere
  6. Il gioco come fatalità
  7. Il gioco come futilità

Per ognuna di esse vi fornirò una breve descrizione e vi darò qualche suggerimento per approcciarvi ai giochi in modo da esaltare l’aspetto per voi più funzionale in un determinato momento.

1. Retorica del progresso

La retorica del progresso vede il gioco come uno strumento educativo e di sviluppo, essenziale per l’apprendimento e la crescita personale, specialmente nei bambini.
Questa retorica ci suggerisce che i giochi possono essere utilizzati anche in ambito lavorativo al fine di sviluppare delle competenze. È, infatti, soprattutto a questa retorica che facciamo riferimento all’interno della nostra rubrica “Play & Grow”.

Tips: quando scegliete di proporre un gioco al fine di sviluppare determinate competenze, è utile esplicitare la ragione per la quale il gioco viene proposto e la competenza che si intende sviluppare in modo che i giocatori possano dare il giusto peso al processo e all’auto osservazione.
Inoltre, fate sempre seguire al gioco un momento di discussione condivisa.
Risulterà utile anche riproporre più volte lo stesso gioco per consentire ai partecipanti di individuare i propri progressi.

2. Retorica dell’immaginario

La retorica dell’immaginario vede il gioco come un’espressione di creatività, fantasia e innovazione. Potete, quindi, usare i giochi come strumento per stimolare la creatività, vostra e dei vostri collaboratori.

Tips: Il gioco già di per sé prevede un ambiente libero dal giudizio. Questo è un punto importante da tenere sempre bene a mente, ma se scegliamo di proporre dei giochi al fine di stimolare la natura creativa dei giocatori, a maggior ragione dobbiamo impegnarci nel creare un ambiente di gioco rilassato, scevro da giudizi, dove la competizione è praticamente nulla.
Ricordate ai giocatori di mantenere il focus sempre sul processo e non sul risultato. Questo è il tipico in caso in cui per davvero dovremmo dire “l’importante non è vincere ma partecipare”.

3. Retorica dell’identità

Riconosce il gioco come un mezzo per esprimere e costruire l’identità individuale e collettiva. Il gioco può fungere anche da rituale per costruire l’identità di un gruppo. Pensate, per esempio, ai giochi natalizi in famiglia.

Tips:  Se scegliete di usare un gioco per rafforzare l’identità del vostro gruppo e quindi renderlo un vero e proprio rituale potete lavorare su tanti elementi, non solo sulla riproposizione nel tempo dello stesso gioco. Quali altri elementi possono far parte del rituale? Le modalità di invito? L’utilizzo di nickname? Le modalità di proclamazione del vincitore? Vi suggerisco di interrogarvi anche su questi aspetti.

4. Retorica del Sé

Interpreta il gioco come un’attività intrinsecamente motivata, centrata sul piacere e la soddisfazione personale. Il gioco può essere proposto in ambito professionale come strumento per analizzare se stessi e le proprie motivazioni.

Tips: Quando si analizzano i giochi secondo la retorica del Sé, si analizzano soprattutto i solitari. In questo caso i giochi potrebbero diventare l’inizio di una riflessione condivisa su che tipo di giocatori siamo, su cosa ci motiva come giocatori e su come poter trasportare queste nostre caratteristiche anche in ambito lavorativo.

5. Retorica del potere

Interpreta il gioco come una manifestazione di conflitto, competizione e dominio. Lasciandoci ispirare da questa retorica, possiamo scegliere di usare i giochi per dar forma a delle vere e proprie sfide in ambito lavorativo, promuovendo quindi la competizione all’interno di un gruppo o nei confronti di altri gruppi.

Tips: Attenzione all’utilizzo di questa funzione dei giochi. Il rischio è quello di creare un ambiente non sano. Per limitare i danni di un’eccessiva competizione è necessario essere chiari nelle motivazioni che sottendono la sfida che viene proposta: perché si è scelto di trasformare questa sfida in un gioco? quali saranno le conseguenze (anche e soprattutto esterne al gioco) di questa sfida? Sono chiare? Sono considerate giuste dai partecipanti?

6. Retorica della fatalità

La retorica della fatalità (qualcuno la traduce anche come “la retorica del destino”) associa il gioco al fato e alla fortuna, presenti soprattutto nei giochi di azzardo e nelle tradizioni folcloristiche. Questa retorica non è da sottovalutare, essa per esempio ha contrassegnato le ricerche sul gioco in matematica. Ispirandoci a questa retorica e alle teorie dei giochi che ne conseguono, possiamo scegliere di usare i giochi come strumenti per ipotizzare altri scenari possibili, fuori dal nostro controllo.

Tips: Anche in questo caso, come nel caso della retorica del Sé, possiamo utilizzare i giochi come punto di partenza di una discussione. In questo caso, quindi, non utilizzeremo i giochi per l’esperienza che ci offrono. Non ci focalizzaremo sul processo e neanche sul risultato, bensì sulle meccaniche che sono alla base di questi giochi e sui modelli che ne conseguono, utilizzandoli come modelli nei nostri progetti.

7. Retorica della futilità

Considera il gioco come un’attività futile, una semplice forma di svago senza scopo serio. I giochi sono ovviamente un ottimo strumento per portare leggerezza e divertimento, anche sul luogo di lavoro.

Tips: Se è di svago che abbiamo bisogno che svago sia! Non c’è niente di male nel voler utilizzare i giochi sul luogo di lavoro semplicemente per svagarsi. In questo caso fate attenzione ad avere un approccio che vada a minimizzare tutte le altre funzioni viste sino a ora.

Conclusione

In conclusione, giocare in maniera consapevole non è solo un modo per sfruttare al meglio i benefici del gioco, ma anche una strategia efficace per la crescita personale e professionale, nonché per la gestione e il potenziamento dei team di lavoro.

Comprendere e applicare le diverse funzioni del gioco ci permette di scegliere con maggiore cognizione di causa quale gioco proporre e come approcciarsi ad esso.

E tu? Come utilizzerai i giochi in ambito professionale? Se ti va puoi raccontarmelo inviando un’email a playandgrow@potinpot.it o scrivendoci sui nostri canali social.